Nel continuo cambiamento di direzione ho trovato equilibrio e libertà.
Questo blog è il risultato di un compromesso tra politica e danza, cucina e musica, religione e ricami.
E inizia a Gerusalemme.
martedì 19 aprile 2011
Tilt
Ma perchè continuiamo a ridere?...
Il signore in maglioncino viola applaude e inzia a cantare con il Premier un'aria popolare. Si agita sudato, urla, si alza in piedi.
"Silvio sei bello!".
"Sarà il suo 25% di omosessualità. Io sono per il 25% lesbico".
Applausi, risate, inni.
Il feticcio ha preso il posto della realtà e il mio cervello è in tilt.
Ma come, ma questo signore e il suo mediatico colpo di stato a lenta trasfusione, questo signore ci fa ridere?
Quest'uomo vecchio ed erotomane che fa del suo mondo e del nostro il suo migliore sceneggiato Mediaset, che si traveste come un giullare e fa affari come un brigante è quello che noi siamo?
Non si tratta più di nulla, nemmeno di idee politiche.
E' l'immagine di un mondo che non comprendo più. Perché se davvero quell'esercito in occhiali da sole, se uno solo di loro vuole la scorciatoia che il nostro Premier va insegnando, allora beh, allora ridiamo pure.
domenica 17 aprile 2011
Western Ideas
Londra mi ha ribaltato credenze occidentali.
Quel gran genio di Fritz Lang.
Una massa si sposta disumanamente come blob denso e fetido - secolo XXI: brutture ai margini delle strade, non uno ma molti che strascicano vecchi pantaloni rallentati dall'alcol. Uno grida che Cristo tornerà, uno lancia il bastone alla calca dei ragazzini eccitati e violenti che sgorgano dalla metro, lo yuppie si aggiusta la cravatta, il nero chedachissadove viene suona il suo bongo.
Rivaluto lentamente il concetto di civiltà.
Rimedito lentamente sull'interpretazione occidentale di Medioriente pericoloso,consapevole sempre più di una percezione superficiale e dominante del mondo altro che sta al di là del Mediterraneo.
Cos'è pericoloso? Esiste davvero in questo occidente ricco e veloce un maggiore valore dato alla vita umana? E' questo il pacchetto di vita che noi esportiamo con tanti saluti? Di cosa, nella globalizzazione, abbiamo ancora paura? Della solitudine forse. O dell'Altro, quello che nelle nostra città sta relegato nei nuovi ghetti.
Passeggiavo per le strade buie di Tel Aviv, Gerusalemme, Jerico, Hebron, Akko. Mi ha colpito la mente come una lama che io pingue di democrazie e clichés occidentali non abbia mai sentito la paura. La aspettavo, ma non è arrivata. Certo, la violenza si nasconde negli angoli di povertà, ma cambiano le percezioni, i tempi, la comprensione stessa della violenza.
Io non ho compreso la violenza "à la page" del ragazzino tredicenne che prende a calci il vecchio clochard, non capisco la violenza del ricco che stupra la ragazzina nera in overdose di potere. La violenza fine a se stessa che ho trovato nelle Grandi Città Occidentali mi spaventa molto di più di quella in cui intravedo una ragione.
Mi si è ribaldata, forse, l'educazione dominante che ogni volta decide cos'è giusto a sbagliato, i luoghi da evitare, le culture da non comprendere, le religioni da temere, gli uomini da eliminare.
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