Nel continuo cambiamento di direzione ho trovato equilibrio e libertà.
Questo blog è il risultato di un compromesso tra politica e danza, cucina e musica, religione e ricami.
E inizia a Gerusalemme.
lunedì 20 settembre 2010
Missing dance
Mi manca la danza.
Mi manca danzare, soprattutto, per sentire il mio corpo vivo, ma anche fruire della bellezza della danza.
Mi manca il respiro che si sente dal palco alle Fonderie Limone, mi mancano le espressioni di godimento dei ballerini e mi manca l'immagine dei muscoli tesi allo spasimo. Sudore, musica, nervi.
A Torino per gli amatori c'e' un Festival che quest'anno ha un programma magnifico, da non perdere: compagnia Rosas, les ballets C de la B, Maguy Marin. Formalizzaizone estetica, eterno dualismo dolore/riscatto, un po' di dance amarcord. Intrecci di corpi, costumi e creativita', provocazioni che qui a Gerusalemme non sono concesse.
Un Festival di danza, sono d'accordo con Cristoforetti, porta speranza e un po' di grazia in un periodo di un buio quasi medievale.
http://www.torinodanzafestival.it/
martedì 14 settembre 2010
Il falafel bipartisan in Monferrato
400g di ceci
1 cipolla tritata
2 spicchi d'aglio
un pizzico di cumino
un pò di coriandolo macinato e di prezzemolo
sale&pepe
Kosher e halal, le polpettine fritte sono una delle poche cose che piacciono a israeliani e palestinesi, una linea gastronomica di accordo. Si frigge nei Territori e si frigge a Tel Aviv, a Jaffa come a Hebron. Certo ognuno dei popoli lo rivendica come cibo nazionale (in realtà fonti testimoniano la nascita in Egitto) ma che importa, in tempo di negoziati pensiamo a ciò che unisce.
I falafil o falafel si trovano ad ogni angolo di Gerusalemme, la Gerusalemme divisa, e profumano di tregua, invitano a sedersi e a sgranocchiare qualche cetriolo sotto aceto. Sfrigolano caldi sul palato, dopo aver galleggiato sereni nell'olio nero.
Mordo il mio primo esperimento di falafel in un campo di grano sulle colline del Monferrato, il sole tiepido mi scalda i capelli e il verde, finalmente il verde, disseta la mia vista inaridita da pietre e rosmarini. La "terra brusataia" non mi manca, ma quel sapore mi rappacifica con il mondo, e mi rimanda a questa Gerusalemme di fine Eid e vicina allo Yom Kippur.
Sono presa da una sensazione di globalizzazione che quasi mi manda di traverso la polpettina. Eppur mi piace pensare oggi a tutto quello che israeliani e palestinesi hanno in comune.
E da brava italiana inizio dal cibo.
domenica 5 settembre 2010
Ramadan Kareem
Ecco si tratta di un momento.
E la Gerusalemme araba all'improvviso assorbe tutto, come una spugna: i rumori, il traffico, le luci, le grida dei venditori ambulanti, i clacson.
E si fa silenzio.
E' durante la cena dell'Iftar che mi innamoro ancora di questa città. Passegiando lungo le vie strette che portano verso Wadi al Joz, quando il sole trasforma la pietra bianca in rosa tra i canti della preghiera della sera. Scivolando lenta lungo le mura della città vecchia fino alla porta del Leone, salendo cauta fino al Monte degli Ulivi.
Da dentro le case si sente solo il rumore dello sbattere dei piatti e dei bicchieri, a volte musica, come ancora succede nei vecchi quartieri della piccola Trino, quando l'ora della cena è unica e sacra, da consumare in silenzio.
La sera del Ramadan mi lascia spazio alla mente, e io infine respiro.
E mi sembra di sentire fortissimo il profumo del gelsomino in fiore.
venerdì 3 settembre 2010
Jerusalem: boiling point
Gli elicotteri passano sopra il cielo surriscaldato di Gerusalemme a giri stretti, volando radenti ai tetti delle case. Le strade che vanno alla Citta’ Santa sono quasi tutte bloccate al traffico, cosi’ come lo e’ stata fino a mezz’ora fa l’arteria principale, la Road number 1, che collega Al Quds con Jerusaleim. I clacson urlano ai check point volanti e la gente per le strade va avanti veloce, molto veloce, testa bassa e hummus per l’iftar sotto il braccio.
La paura di nuovi attentati si mescola al sudore e ai volti tirati di questo difficile Ramadan, messo a dura prova dal caldo infernale. Ma la sensazione da qui e’ che non si stia aspettando proprio nulla.
Niente Inshallah.
Tramballi nel bell’articolo di questa mattina scrive che “non esiste nella storia un conflitto che duri per sempre. Ma esiste l'assuefazione al conflitto, che e' peggio. Sessant'anni anni sono tanti, un deserto dei tartari fatto di attese vane, sempre a scrutare l'orizzonte. E intanto la frammentazione interna, le uccisioni, i coloni sempre piu' numerosi e sempre piu' legittimati, i governi corrotti completano il quadro.
Hamas andava invitato ai negoziati? Kupchan pensa di si, "una mossa politica per costringerli ad assumersi le loro responsabilita’ e ad uscire allo scoperto con le loro reali intenzioni". Forse lo penso anche io. Non credo che si possa giocare con Gaza come se fosse una pedina senza testa. Non credo si possa ignorare un partito regolarmente eletto, anche se fatto di estremisti islamici. Non credo ci si possa semplicemente girare dall'altra parte. L'Iran oltretutto soffia sul collo di Obama da tempo, l'Iraq e'ora abbandonato ed esplosivo, l'Afghanistan un problema irrisolto.
La "destabilizzazione del Medioriente".
Lascio aperto il questito alle vostre opinioni.
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