venerdì 3 settembre 2010

Jerusalem: boiling point



Gli elicotteri passano sopra il cielo surriscaldato di Gerusalemme a giri stretti, volando radenti ai tetti delle case. Le strade che vanno alla Citta’ Santa sono quasi tutte bloccate al traffico, cosi’ come lo e’ stata fino a mezz’ora fa l’arteria principale, la Road number 1, che collega Al Quds con Jerusaleim. I clacson urlano ai check point volanti e la gente per le strade va avanti veloce, molto veloce, testa bassa e hummus per l’iftar sotto il braccio.

La paura di nuovi attentati si mescola al sudore e ai volti tirati di questo difficile Ramadan, messo a dura prova dal caldo infernale. Ma la sensazione da qui e’ che non si stia aspettando proprio nulla.
Niente Inshallah.

Tramballi nel bell’articolo di questa mattina scrive che “non esiste nella storia un conflitto che duri per sempre. Ma esiste l'assuefazione al conflitto, che e' peggio. Sessant'anni anni sono tanti, un deserto dei tartari fatto di attese vane, sempre a scrutare l'orizzonte. E intanto la frammentazione interna, le uccisioni, i coloni sempre piu' numerosi e sempre piu' legittimati, i governi corrotti completano il quadro.

Hamas andava invitato ai negoziati? Kupchan pensa di si, "una mossa politica per costringerli ad assumersi le loro responsabilita’ e ad uscire allo scoperto con le loro reali intenzioni". Forse lo penso anche io. Non credo che si possa giocare con Gaza come se fosse una pedina senza testa. Non credo si possa ignorare un partito regolarmente eletto, anche se fatto di estremisti islamici. Non credo ci si possa semplicemente girare dall'altra parte. L'Iran oltretutto soffia sul collo di Obama da tempo, l'Iraq e'ora abbandonato ed esplosivo, l'Afghanistan un problema irrisolto.
La "destabilizzazione del Medioriente".

Lascio aperto il questito alle vostre opinioni.

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