Nel continuo cambiamento di direzione ho trovato equilibrio e libertà.
Questo blog è il risultato di un compromesso tra politica e danza, cucina e musica, religione e ricami.
E inizia a Gerusalemme.
sabato 19 marzo 2011
Le guerre rappresentate
Ci sono guerre preparate, giudicate, assolte, studiate, filmate, censurate.
Da Bin Laden alla guerra del Golfo, dalla Cecenia all'Operazione Piombo Fuso la comunicazione ritorna come variabile nella geopolitica internazionale.
L'idea che ci facciamo di un intervento militare è una rappresentazione costruita con investimenti mediatici miliardari: l'opinione comune deve distinguere il bene dal male e il giusto dall'ingiusto. Schierarsi.
D'altra parte conoscere cosa succede in ogni angolo di mondo in tempo reale, e cioè l'ipercomunicazione contemporanea, interferisce de facto con i Risorgimenti del secolo XXI, ma apre le nostre prospettive a spazi ormai irrinunciabili. Alla democrazia mediatica.
Cheffacciamo allora interveniamo? Là stanno massacrando civili...
Il conoscere e di conseguenza il giudizio impongono un'azione?
La dimostrazione di quanto quella libica mi sembri una guerra rappresentata sta nel 2008, quando a Gaza vennero massacrati quasi duemila civili. Risoluzione dell'ONU, richiesta di pacificazione di Sarkozy, nessun intervento militare. Eppure sapevamo quello che stava succedendo.
Non chiamiamo l'intervento militare in Libia una guerra umanitaria.
Sarkozy non è Superman e la sua politica estera aggressiva vuole il primo posto sulla spartizione della torta all'oro nero.
Non trasfiguriamo le immagini allineandoci biecamente alle scelte geostrategiche dei nostri infelici governi. Non voglio credere che questa sia la diplomazia internazionale.
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